Scrivere questo libro è stato un po' come preparare la valigia per un lungo viaggio: ti vengono sempre il tormentoso dubbio (che poi si trasforma in certezza) di aver dimenticato qualcosa di necessario o di importante e, insieme, il sospetto di aver invece messo cose inutili o ingombranti. Così è stato per questa Storia di Polcenigo: visto che è impossibile far stare per intero alcuni millenni in un numero limitato di pagine, ho dovuto scegliere a ogni piè sospinto che cosa mettere e che cosa al contrario lasciar fuori. Non è stata una scelta facile, perché molti altri fatti, personaggi e dati qui non trattati avrebbero meritato di comparire: ma, dovendo buttare qualcosa e qualcuno giù dalla fatidica torre, ho preferito selezionare i temi che ho ritenuto più utili per meglio comprendere la storia polcenighese.
Ho per esempio spesso sorvolato sulle vicende dei conti di Polcenigo, o le ho liquidate in premura, visto che in passato molto si è scritto sulla nobile famiglia, forse troppo. Ho invece preferito parlare di più, e più a fondo, di contadini e artigiani, di carestie e di malattie, di emigrazione e di ruolo delle donne, insomma della massa silenziosa e indistinta del popolino, non per fissazioni ideologiche ma perché profondamente convinto che sia giusto occuparsi dei tanti che hanno disegnato la storia con le loro sofferenze e il loro quotidiano lavoro nei campi e nelle botteghe piuttosto che sostare troppo sulle élite, pur presenti e importanti. Ne scaturisce non una "grande storia", ma un insieme di tante microstorie, dove quel micro- non ha niente di riduttivo o di sprezzante. Qui Napoleone non è passato, nonostante qualcuno dica il contrario; c'è venuto nel 1809 il figliastro Eugenio di Beauharnais, ma di fretta, prima di combattere (e perdere) ai Camolli. Non si sono svolte battaglie memorabili, se non quella, durata secoli, per sopravvivere alla miseria contro una Natura più matrigna che madre amorevole. Non vi sono nati o vissuti personaggi d'imperitura fama nazionale, ma diverse figure che in un modo o nell'altro si sono distinte (alcune poi sono tutte da approfondire, e potrebbero riservare gradevoli sorprese). Nonostante ciò, la storia polcenighese si presenta lunga, ricca, complessa, quasi intricata, piena di misteri non risolti e di tessere del puzzle da sistemare al loro posto. Una storia dunque che va ancora indagata, che può regalarci nuove acquisizioni e rimettere in discussione elementi che paiono sicuri. Questo libro va perciò considerato e letto non come un traguardo, ma come una tappa intermedia, un punto di partenza per nuove ricerche.
Al riguardo, dopo molti ripensamenti ho dovuto eliminare le note al testo, dato che i soli riferimenti bibliografici e archivistici a quanto andavo dicendo avrebbero richiesto centinaia e centinaia di note: davvero troppe per un comune lettore, che ho voluto pertanto graziare di una caterva di rimandi (ci sono state, e spero ci saranno, altre occasioni per dar loro il giusto spazio). Chiedo pertanto scusa per questa deliberata mancanza agli storici "professionisti", i quali potranno del resto trovare in appendice i rinvìi alla bibliografia consultata e alle fonti d'archivio, pur se in maniera molto riassuntiva.
Se da questo libro i Polcenighesi sapranno trarre una maggior conoscenza del loro passato, e da questa conoscenza una maggior attenzione e un più deciso rispetto per quanto li circonda, frutto di millenni di storia e di fatiche, allora non sarà stato uno sforzo inutile. Per i non Polcenighesi, mi auguro che il libro possa servire per capire e apprezzare quest'affascinante angolo del Friuli Occidentale.