Sin dal Neolitico l'uomo, per procurarsi degli indumenti, fu in grado di utilizzare, oltre al pellame degli animali cacciati, anche i tessuti ottenuti sia da fibre vegetali (lino, canapa, ecc.) che dall'allevamento di alcune specie animali (lana di caprini e ovini).
Solo raramente si conservano i prodotti della lavorazione dei tessuti, in quanto sono facilmente deperibili, mentre più frequentemente vengono alla luce alcuni degli attrezzi utilizzati per filare e per tessere: fusaiole, rocchetti e pesi da telaio in terracotta, pettini per cardare la lana o per avvicinare i fili della trama ed aghi. Di fusi, conocchie e telai (solitamente in materiale deperibile) si conservano degli esemplari miniaturi-stici in bronzo che fanno parte di corredi funerari.
Con la filatura veniva tratto dalle fibre vegetali o dalla lana il filo, che poteva essere avvolto sui rocchetti: utilizzando la conocchia e il fuso (che veniva fatto ruotare con regolarità grazie all'inserimento di una fusaiola a una delle estremità) le fibre tessili venivano torte e tirate. Era un procedimento che richiedeva molta attenzione per evitare che il filo si spezzasse. Il telaio era probabilmente di tipo verticale, in legno, con pesi da telaio in pietra o in terracotta: questi tenevano tesi i fili dell'ordito mentre la tessitrice realizzava la trama, infittendo i fili con un pettine in osso o corno.
La produzione di tessuti soddisfaceva generalmente il fabbisogno interno di una comunità ed era un'attività a carattere domestico. |
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