Recentemente, la già preziosa collezione di opere d’arte della chiesa della nostra Pieve, si è arricchita ulteriormente, infatti sono stati restaurati: l’armadio a muro posto nella sacrestia e l’armadio anch’esso ivi collocato. L’opera di restauro è stata magistralmente eseguita dalla signora Monica Romanin, di S. Martino di Campagna, con tale lavoro, sia le due ante dell’armadio a muro che l’armadio mobile sono stati portati all’antico splendore, tra l’altro l’armadio mobile, che si credeva datato 1750, è risultato ancor più vetusto difatti la sua datazione è 1736.
Non staremo qui a spiegare ai nostri affezionati visitatori i metodi ed i modi di tale restauro, ma altresì vorremmo fare un po’ di cronistoria riguardante i compiti, i diritti e doveri che avevano i sei comuni nei confronti dei conti di Polcenigo e del vescovo-conte di Belluno. Ricordiamo intanto quali erano i sei comuni della giurisdizione di Polcenigo: Budoia, Coltura, Dardago, Polcenigo, S.Giovanni e S. Lucia, detti comuni formavano un gruppo feudale a ridosso della pedemontana pordenonese, tale aggregazione di sicuro durava sin dall’anno 963, quando l’imperatore Ottone lo concesse al vescovo di Belluno, seguendo così l’usanza di dare, oltre che l’amministrazione ecclesiale anche quella civile, al potere ecclesiastico.
Nell’anno 1031 tale potere fu riconfermato dall’imperatore Corrado e successivamente nel 1290 il vescovo-conte diede, alla famiglia detta dei Polcenigo, definitivo possesso di tali territori. Tale investitura fu riconfermata nel 1420 con l’avvento, nella contea polcenighese, del dominio della Serenissima Repubblica di Venezia, e poi di nuovo ribadita nell’anno 1433.
Già in quei tempi, ma documenti che lo confermino non ve ne sono, esisteva, nei paesi succitati, una certa autonomia nel riguardo, infatti la popolazione aveva diritto di radunarsi in assemblee dette vicinie, oppure a quelle riguardanti un solo paese dette regolati, per trattare principalmente l’amministrazione dei beni comunali e della assegnazione dei tributi ed imposte stabilite dai conti. Le vicinie ed i regolati formavano il comune ed insieme nominavano un meriga ( l’attuale, sindaco) che era incaricato di conferire con gli altri meriga e con il conte regnante.
I sei comuni godevano di una notevole autonomia nei confronti del feudatario, specialmente per l’uso di diverse aree agricole, chiamate beni comunali. Tale autonomia era però controbilanciata dal fatto che la popolazione doveva prestare gratuitamente la sua opera nel mantenimento e riparazione delle opere murarie del castello, delle strade e dei fossi. Col passar del tempo, però, tali obblighi e tali privilegi si andarono affievolendo, avendo la dominante Venezia, reso più statale e quindi più accentrato a se, l’uso dei beni comunali. La quantità dei beni era infatti molto articolata e frammentata e tutta la documentazione ad essa riguardante doveva essere custodita dettagliatamente, onde evitare eventuali usurpi o contestazioni future, fu stabilito quindi, non si sa in che ragione ed in che modo, che nella sacrestia della chiesa della Pieve di Dardago fossero posti un armadio mobile ed uno a muro, ove poter custodire tali documentazioni.
Le chiavi degli armadi erano doppie una la costodiva il pievano ed una l’uomo più anziano del paese. Ma con l’andar del tempo qualcosa non funzionò e vi furono delle violazioni alle regole, forse scritte ma anche verbali, i furti e le baruffe anche tra i comuni furono molteplici talvolta scorse anche del sangue, ciò indusse quindi, attorno agli anni ’80 del settecento, i comuni a porre delle regole scritte riguardanti tali delicati ed importanti argomenti. Venne stabilito, nel 1783, di ricorrere ad una revisione periodica dei beni comunali, quindi nel 1792, venne sottoscritta, innanzi ad un notaio, una bozza di un patto tra i comuni, tale patto venne inviato al consiglio dei 20 a Venezia, il consiglio nel 1793 approvò con larga maggioranza tale documento.
Purtroppo. però, la Serenissima Repubblica ebbe ancora solo 4 anni di vita, ad essa subentrò, dapprima Napoleone poi gli Asburgo e con essi tutte le regole, gli statuti ed i comuni vennero aboliti. |
Descrizione del manufatto:
Struttura molto sobria in legno di noce, con piallatura a mano. Due ante, all’interno vi sono dei ripiani sempre in noce, mentre la parte posteriore è in legno di abete. Ha una cornice, sporgente, nella parte superiore ed inferiore, col restauro sono state tolte le cornici nelle ante, i piedi di supporto sono semplici e lisci. E’ provvisto di una serratura con chiave.
Le varie cerniere ed i chiodi risultano fatti a mano. Nella parte superiore dell’anta sinistra è leggibile l’incisione di una data, probabilmente quella di fabbricazione,1736. Poco più sotto nelle due ante si può leggere l’iscrizione: ARMA.O DELLI SEI COM.NI DI POLC.CO. (Armadio dei sei comuni di Polcenigo).
Luogo di custodia: Sagrestia della chiesa della Pieve di Dardago.
Anno di costruzione: 1736
Costruito da: Artigiano locale dell’epoca.
Materiale: Legno di noce ed abete, chiodi e cerniere in ferro fatti a mano.
Stato di conservazione: Ottimo.
Misure: larghezza cm. 115, altezza cm. 130, profondità cm. 40.
Cenni storici: Questo armadio veniva usato, dal consiglio dei sei comuni facenti parte il territorio della contea di Polcenigo, per custodire documenti vari inerenti l’attività di detto consiglio. |
Descrizione del manufatto:
Armadio a muro a due ante, con chiusura separata doppia. I cardini , due per anta, sono posti all’esterno ed infissi, con del piombo, in una cornice in pietra locale, e sono fissati alle ante mediante chiodi fatti a mano. Le ante sono, esternamente, in legno di noce, con cornice in legno di abete, mentre quelle interne sono in legno di abete. Sull’anta di sinistra vi è la seguente scritta : ARCHIVIUM PLEBIS S. MARIAE MAJOR DARDACI, (Archivio della Pieve di S. Maria Maggiore di Dardago) mentre sull’anta destra leggiamo: ARCHIVIUM SEX COMMUNIUM PULCINICI.( Archivio dei sei comuni di Polcenigo). Entrambe le scritte sono all’interno di volute in stile rinascimentale a forma di scudo.
Luogo: sagrestia della chiesa della Pieve di Dardago.
Anno di costruzione: ignoto, probabilmente secoloXVIII.
Costruito da: artigiani del paese.
Materiale: legno di noce ed abete, pietra locale.
Stato di conservazione: ottimo
Misure: larghezza cm. 170, altezza cm. 165, profondità cm.45.
Cenni storici: Nell’armadio venivano custoditi i documenti dei sei comuni della contea di Polcenigo, ed era anche usato come archivio e custodia documenti della Pieve di Dardago. |