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Era una fredda notte d'inverno, fra gli anni 243 e 366 dopo Cristo, quando nell'antica Roma imperiale, amici e parenti si scambiarono le prime "stranae" per festeggiare il "dies natalis". Agli auguri di buona salute, si accompagnarono presto ricchi cesti di frutta e dolciumi, e poi doni di ogni tipo, perché la nascita di Gesù e, insieme, l'anniversario dell'ascesa al trono dell'Imperatore, divenissero il simbolo di una prosperità che avrebbe dovuto protrarsi per l'intero anno. Passarono i secoli ed un bel giorno del 1800, il rito trovò la sua personificazione in un forte vecchio rubicondo dalla barba bianca, residente al Polo Nord dove, secondo la tradizione, aiutato da numerosi gnomi costruirebbe dei giocattoli da distribuire come doni durante la notte di Natale, con l'ausilio di una slitta trainata da renne volanti e passando attraverso i camini delle case. Raggiunta una certa età, veniamo a conoscenza di una spiacevole realtà: Babbo Natale altro non è che un personaggio fantastico. Ma tale affermazione non è del tutto vera. Babbo Natale, o almeno un personaggio molto simile è realmente esistito; si tratta di San Nicola. Nato a Patara, in Turchia, da una ricca famiglia, divenne vescovo di Myra, in Lycia, nel IV secolo e forse partecipò al Concilio di Nicea nel 325. Quando morì le sue spoglie, o le presunte tali, vennero deposte a Myra fino al 1087. In quest'anno infatti vennero trafugate da un gruppo di cavalieri italiani travestiti da mercanti e portate a Bari dove sono tutt'ora conservate e di cui divenne il santo protettore. Negli anni che seguirono la sua morte, si diffusero numerosissime leggende. Una tra le più famose e confermata da Dante nel Purgatorio (XX, 31-33) è quella delle tre giovani poverissime destinate alla prostituzione. Nicola, addolorato dal pianto e commosso dalle preghiere di un nobiluomo impossibilitato a sposare le sue tre figlie perché caduto in miseria, decise di intervenire lanciando per tre notti consecutive, attraverso una finestra sempre aperta dal vecchio castello, i tre sacchi di monete che avrebbero costituito la dote delle ragazze. La prima e la seconda notte le cose andarono come stabilito. Tuttavia la terza notte San Nicola trovò la finestra inspiegabilmente chiusa. Deciso a mantenere comunque fede al suo proposito, il vecchio dalla lunga barba bianca si arrampicò così sui tetti e gettò il sacchetto di monete attraverso il camino, dov'erano appese le calze ad asciugare, facendo la felicità del nobiluomo e delle sue tre figlie. In altre versioni posteriori, forse modificate per poter essere raccontate ai bambini a scopo educativo, Nicola regalava cibo alle famiglie meno abbienti calandoglielo anonimamente attraverso i camini o le loro finestre. Secondo altre leggende, questo santo sarebbe entrato in possesso di un oggetto mitico, il Sacro Graal, che, oltre ad essere responsabile della sua capacità di "produrre in abbondanza" da regalare, fu anche causa del trafugamento delle sue spoglie per volere di papa Gregorio VII. In ogni caso San Nicola divenne nella fantasia popolare "portatore di doni", compito eseguito grazie ad un asinello nella notte del 6 dicembre (S. Nicola, appunto) o addirittura nella notte di Natale. Il nome olandese del santo, Sinter Klass, venne importato in America dagli immigrati come Santa Claus, la cui traduzione in italiano è solitamente Babbo Natale.
 
Era periodo di Natale e nella grotta della Natività non erano ancora giunti tutti gli animali. Giuseppe e Maria stanchi per il viaggio e per il parto della donna, stavano dormendo. Il Bambin Gesù era stato posto a terra sulla paglia vicino ad un fuoco in modo che si scaldasse un po’, mentre loro dormivano. Questo fuoco però lentamente si stava spegnendo e Gesù Bambino cominciava ad avere dei brividi dal freddo. Sulla finestra c’era un uccellino che, vedendo il bambino tremare , subito avvicinò al fuoco cominciando a battere le ali per far ravvivare la brace , facendo così riaccendere il fuoco e nello stesso tempo mandare il calore verso il bambino.
Il bambino svegliatosi lo guardò sorridendo, mentre Giuseppe e Maria continuavano a dormire. L’uccellino, visto che era riuscito a scaldare il bambino, continuava a battere le ali sempre di più , arrivando così vicino al fuoco da cominciare a bruciarsi le piume del petto e qualche penna delle ali. A questo punto Giuseppe e Maria dopo essersi svegliati con il fuoco che ardeva bene e dopo aver capito come e chi avesse mantenuto il fuoco vivo e riscaldato il loro bambino, videro l’uccellino ormai esausto cadere a terra privo di forze.
Subito lo raccolsero , videro le piume del petto bruciate e lo posero nella mano del Bambin Gesù che lo strinse al petto. La mattina successiva svegliatosi ,il Bambin Gesù aprì la mano e vide che l’uccellino era vivo e sveglio e che non era più un uccellino grigio ma al posto delle piume del petto bruciate erano cresciute delle piume rosse.
Era nato così il Pettirosso

UNA SECONDA VERSIONE DELLA STORIA DEL PETTIROSSO
Un passerotto grigio si poso' sul capo di Gesu' Cristo che portava sulla testa una corona di spine.Vedendolo cosi' molto sofferente il passerotto penso' di estrarGli con il becco la spina che era maggiormente conficcata allievandoGli il dolore, pero' una goccia di sangue schizzo' sul petto dell'uccellino e da quel giorno i pettirossi hanno le piume sul petto rosse
       
C'era una volta, in un paese tra i monti, un vecchio mercante. L'uomo viveva solo, non si era mai sposato e non aveva più nessun amico. Per tutta la vita era stato avido e avaro, aveva sempre anteposto il guadagno all'amicizia e ai rapporti umani. L'andamento dei suoi affari era l'unica cosa che gli importava. Di notte dormiva pochissimo, spesso si alzava e andava a contare il denaro che teneva in casa, nascosto in una cassapanca.
Per avere sempre più soldi, a volte si comportava in modo disonesto e approfittava della ingenuità di alcune persone. Ma tanto a lui non importava, perchè non andava mai oltre le apparenze.
Non voleva conoscere quelli con i quali faceva affari. Non gli interessavano le loro storie e i loro problemi, e per questo motivo nessuno gli voleva bene.
Una notte di dicembre, ormai vicino a Natale, il vecchio mercante non riusciva a dormire e dopo aver fatto i conti dei guadagni, decise di uscire a fare una passeggiata.
Cominciò a sentire delle voci e delle risate, urla gioiose di bambini e canti.
Pensò che di notte era strano sentire tanto chiasso in paese. Si incuriosì perchè non aveva ancora incontrato nessuno, nonostante voci e rumori sembrassero molto vicini.
A un certo punto cominciò a sentire qualcuno che pronunciava il suo nome, chiedeva aiuto e lo chiamava fratello. L'uomo non aveva fratelli o sorelle e si stupì.
Per tutta la notte, ascoltò le voci che raccontavano storie tristi e allegre, vicende familiari e d'amore. Venne a sapere che alcuni vicini erano molto poveri e che sfamavano a fatica i figli; che altre persone soffrivano la solitudine oppure che non avevano mai dimenticato un amore di gioventù.
Pentito per non aver mai capito che cosa si nascondeva dietro alle persone che vedeva tutti i giorni, l'uomo cominciò a piangere.
Pianse così tanto che le sue lacrime si sparsero sul cespuglio al quale si era appoggiato.
E le lacrime non sparirono al mattino, ma continuarono a splendere come perle.
Era nato il vischio.
       
Il panettone, indipendentemente dai gusti personali, è un dolce classico di Natale.
Risale al XV secolo e la fantasia popolare ha creato numerose leggende sulla sua origine.
ECCONE DUE:
Una storia narra che il panis quidam acinis uvae confectus fosse presentato per la prima volta alla tavola di Ludovico il Moro nel Natale del 1476. Fu ideato dal cuoco Antonio Toni: da allora il "pan di Toni" fu contratto in "panettone".
Un'altra leggenda racconta di un convento di suore, nel quale la piccola suora cuciniera, suor Ughetta, inventò un dolce per i suoi poveri.
La pasta del panettone viene fatta lievitare più volte con un procedimento piuttosto laborioso che può durare ben oltre le 72 ore per ottenere un buon Panettone a lenta lievitazione naturale da pasta acida. Gli ingredienti principali sono: acqua, farina (occorre una farina forte), burro, zucchero, lievito naturale, uvetta sultanina, cedro candito, scorze di arancia candite, uova, vaniglia e sale.
Una volta veniva preparato solo in casa e prima di infornarlo il capo famiglia lo incideva con un taglio a croce in segno di buon auspicio per il nuovo anno. Anche gli ingredienti avevano un loro significato: l’uvetta simboleggiava soldi, l’arancia amore e il cedro eternità, ovvero salute.