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Il  racconto, della storia, della fortezza inizia dalla conferenza che si è tenuta nel teatro di Dardago. Domenica 6 maggio, poco dopo le nove, diverse persone si sono ritrovate per sentire con curiosità quello che avevano da illustrarci  Moreno e Walter, due storici, che stanno studiando la nostra zona. La prima precisazione che hanno fatto รจ stata quella di specificare che non si deve pensare di essere di fronte ad un  castello come quelli che si vedono nei films, quello nostro è una fortezza più antica, costruita con pali, tavole, terra, sassi, non in pietra (i castelli costruiti totalmente il pietra, risalgono a dopo il 1170 circa quando si è iniziato ad adoperare la calce, prima di allora i muri venivano innalzati a secco). I due si sono incuriositi guardando delle mappe, quando hanno trovato scritto dei nomi quali Ciastelàt, Guarda, Cortina, Murada, Centa, sono andati a verificare sul posto di cosa si trattasse, perchè  questi toponimi, tramandati nei secoli, potevano celare qualcosa di importante. Castellaccio, castello, castelletto, castelliere, dove si odono pronunciare questi sostantivi di sicuro, anche se, oggigiorno, a prima vista non si nota nulla, tanti anni fa  indicavano qualcosa. La fortezza era stata costruita sul punto più alto del colle di “Noseleit”( che  successivamente avrebbe preso il nome di Ciastelàt) a nord-ovest di Dardago, tutt’intorno c’era un fossato profondo circa tre metri e sopra c’era il muro tutto in legno, prima del fossato venivano interrati, obliquamente. dei pali appuntiti, la cui funzione era quella di rallentare un eventuale attacco da parte di nemici.  In quell’epoca, non si cingeva in assedio il castello, le bande di predoni erano composte al massimo da un centinaio di individui, per la maggior parte uomini miserabili che non avevano scorte di viveri per poter sostare per diversi giorni nello stesso luogo, costoro attaccavano, se la scorribanda portava bottino tanto meglio, altrimenti  fuggivano. Già  la fortezza era costruita nel punto più alto e meno accessibile, con un lato, quello verso il torrente Artugna, così ripido da farli giungere stanchi all’arrivo  sulla sommità, ed una volta arrivati si trovavano di fronte a palizzate, fossati e gli alti muri della fortezza, tanto che presi dallo sconforto potevano anche arretrare ed andarsene. I  muri erano costruiti in legno, venivano interrati dei grossi tronchi e da uno all’altro, di traverso, venivano messi dei pali sia dal lato interno che da quello esterno, quando questo lavoro era terminato, tra i due muri in legno venivano ammassati  terra e sassi così da avere un solido muro ( della larghezza di 40 e più centimetri) che poteva resistere a : lance, scuri, bastoni e frecce. Nella fortezza sicuramente trovava posto la bottega del fabbro ( che fabbricava e aggiustava armi), una scorta d’acqua e dei viveri, al momento però non è stato trovato nulla, si potranno avere delle conferme più esaurienti quando gli archeologi inizieranno gli scavi. Questa fortezza non era abitata, serviva da riparo in casi, quali un' invasione o un attacco da parte di briganti, tutti i paesani scappavano dalle loro misere dimore e di corsa vi si rifugiavano dentro, di solito, quando c’era pace e tranquillità vi rimaneva qualche sentinella di vedetta che, si presuppone, stesse in comunicazione ( con fuochi o specchi) con altre sentinelle che avrebbero potuto trovarsi sul colle di Guarda, ma il quel luogo non sono stati trovati indizi di fortezze. Dal Ciastelàt si vede fino giù a Castello ma non verso Aviano e perciò solo dal colle di Guarda si poteva osservare ciò che accadeva nella zona di  Aviano. Col trascorrere degli anni la fortezza venne abbandonata, anche perchè la popalazione iniziò a far conoscenza della calce, il paese non era più costituito da capanne di paglia ( che in caso di incendio potevano essere rifatte nell’ arco di due giorni) ma da case in pietra e così i nostri avi hanno ben pensato di fare una cinta muraria,  solida ed alta, attorno alla chiesa, cosicchè se fossero stati fatti oggetto di attacchi, avrebbero potuto difendersi, senza dover scappare sul Ciastelàt. Lassù col passare degli anni il  legno si è marcito e così il materiale che formava i muri è franato, infatti ancor oggi si può vedere qua e là dei cumuli di sassi coperti di terra, questi cumuli non sono da confondere con quelli che coprono i muri fatti a secco cento, centocinquanta anni fa e che indicavano il confine fra una proprietà ed un' altra o che servivano per spiazzo in cui si innalzavano le “mede” ( grossi cumuli di fieno) o  i “casons” (capanne di paglia). Si può notare dove si trovava il fossato e con un po' di fantasia si può immaginare di vedere la fortezza o per meglio dire il Ciastelàt di Dardago! A Longiarezze ( sulle mappe stà scritto così ma noi quella zona la chiamiamo Longiarethe!) invece, la costruzione del muro di difesa, è differente perchè si possono osservare i muri a secco che potrebbero risalire al 1200. Nel tempo i nostri avi vi hanno costruito sopra per poter avere un tetto dove ripararsi dal sole, dal freddo o dalla pioggia quando salivano lassù al pascolo con le loro greggi. La giornata è stata interessante, c’è sempre qualcosa da imparare, ora speriamo di avere notizie, al più presto, e di sapere qualcosa di più a livello archeologico.